analisi acqua

D.Lgs. 31/2001 sulle analisi per l’acqua potabile

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Il D.Lgs. 31/2001, chiamato “Attuazione della direttiva 98/83/CE relativa alla qualità delle acque destinate al consumo umano” e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.52 il 3 marzo 2001, si occupa di disciplinare la qualità delle acque destinate al consumo umano.

Agli artt. 1 e 2 il decreto stabilisce che si deve intendere per acque destinate al consumo umano tutte quelle che saranno consumate dall’uomo. In particolare vengono considerate da questo decreto tutte le acque trattate o meno, quelle che vengono trasportate tramite rete idrica o tramite autobotti, quelle della rete domestica, nonché quelle utilizzate nel settore alimentare.

All’art. 3 vengono escluse dalle norme previste dal decreto le acque minerali naturali e medicinali riconosciute e le acque che sono destinate ad usi che non interferiscono con la salute umana.

All’art. 5 il D.Lgs. 31/2001 stabilisce poi i limiti consentiti nelle acque potabili per le sostanze chimiche e biologiche. Rimandando all’Allegato I del Decreto, il testo specifica che le acque destinate al consumo umano, per essere considerate potabili, devono rispettare i limiti imposti dalla legge, sia per quanto riguarda la concentrazione di sostanze chimiche disciolte sia per la presenza di organismi potenzialmente patogeni.

L’art.6 specifica che le analisi e i controlli da effettuarsi sulle acque devono essere svolti in specifiche location a seconda del tipo di ambiente in cui l’acqua si trova. Quindi, a seconda del tipo di struttura che gestisce l’acqua, sia un impianto di distribuzione idrica sia un’impresa alimentare, le analisi vanno svolte in specifici punti, come le vasche di stoccaggio o le fonti, per assicurarsi la totale salubrità delle acque. Il D.Lgs. 31/2001 stabilisce, inoltre, che le ASL possono intervenire per svolgere analisi di controllo della qualità delle acque per verificare il rispetto dei limiti imposti dalla legge.

Infine, l’art. 19 stabilisce le sanzioni per chi non effettua i dovuti controlli o che fornisce acqua non potabile. Le sanzioni previste dal D.Lgs. 31/2001 sono di carattere pecuniario.

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Agli artt. 1 e 2 il decreto stabilisce che si deve intendere per acque destinate al consumo umano tutte quelle che saranno consumate dall’uomo. In particolare vengono considerate da questo decreto tutte le acque trattate o meno, quelle che vengono trasportate tramite rete idrica o tramite autobotti, quelle della rete domestica, nonché quelle utilizzate nel settore alimentare.

All’art. 3 vengono escluse dalle norme previste dal decreto le acque minerali naturali e medicinali riconosciute e le acque che sono destinate ad usi che non interferiscono con la salute umana.

All’art. 5 il D.Lgs. 31/2001 stabilisce poi i limiti consentiti nelle acque potabili per le sostanze chimiche e biologiche. Rimandando all’Allegato I del Decreto, il testo specifica che le acque destinate al consumo umano, per essere considerate potabili, devono rispettare i limiti imposti dalla legge, sia per quanto riguarda la concentrazione di sostanze chimiche disciolte sia per la presenza di organismi potenzialmente patogeni.

L’art.6 specifica che le analisi e i controlli da effettuarsi sulle acque devono essere svolti in specifiche location a seconda del tipo di ambiente in cui l’acqua si trova. Quindi, a seconda del tipo di struttura che gestisce l’acqua, sia un impianto di distribuzione idrica sia un’impresa alimentare, le analisi vanno svolte in specifici punti, come le vasche di stoccaggio o le fonti, per assicurarsi la totale salubrità delle acque. Il D.Lgs. 31/2001 stabilisce, inoltre, che le ASL possono intervenire per svolgere analisi di controllo della qualità delle acque per verificare il rispetto dei limiti imposti dalla legge.

Infine, l’art. 19 stabilisce le sanzioni per chi non effettua i dovuti controlli o che fornisce acqua non potabile. Le sanzioni previste dal D.Lgs. 31/2001 sono di carattere pecuniario.

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