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Amianto (fibre di)

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Analisi e Ricerca delle Fibre di Amianto aerodisperse ed in ambienti vitali

L’amianto o asbesto è un minerale naturale appartenente alla classe chimica dei silicati e alla serie mineralogica del serpentino, nel caso in cui le fibre che lo compongono hanno struttura arricciata, e alla serie mineralogica degli anfiboli, se le fibre si presentano aghiformi; quest’ultimo tipo di fibre sono più patogene per l’uomo. Nella normativa italiana con il termine amianto vengono indicati 6 composti che sono: la crocidolite (amianto blu), l’amosite (amianto bruno), l’antofillite, l’actinolite e la Tremolite per la serie degli anfiboli, il crisotilo (amianto bianco) per la serie del serpentino.

In passato il 90% della produzione mondiale di amianto consisteva in crisotilo. Con la Legge 257/1992 in Italia venne bandita l’estrazione, la produzione e la commercializzazione dei manufatti contenenti amianto, ma fino ad allora l’utilizzo di questo minerale fu talmente capillare che coinvolse dalla estrazione in cava, o in miniera, delle diverse varietà d’asbesto all’industria del cemento-amianto, il settore dei materiali di attrito, l’industria tessile dell’asbesto (compresi guanti da forno, teli da stiro, ecc), la produzione di bitumi per rivestimenti di tetti, l’industria dei cartoni d’asbesto, i lavori di coibentazione termica e acustica e molto altro.

La cantieristica navale e ferroviaria furono particolarmente coinvolte nell’uso dell’amianto, poiché le carene delle navi come le carrozze dei treni venivano completamente rivestite di amianto, usato anche nei sistemi frenanti. Proprio per questo, ancora oggi nelle attività di decoibentazione di strutture edili, carrozze ferroviarie, natanti vari e di macchine e apparecchiature coibentate con materiali contenti asbesto si possono registrare esposizioni professionali ad amianto.

Per quanto riguarda gli effetti sulla salute, già nel 1907 si rilevarono i primi effetti sull’organismo dell’esposizione a fibre di amianto. Tra il 1920 ed il 1950 vennero descritti casi di fibrosi polmonare e mesotelioma maligno nei lavoratori esposti ad amianto e nel 1955 venne definitivamente riconosciuto l’amianto come fonte di rischio per il carcinoma. Ciò nonostante l’universale accettazione di malattia professionale associata ad esposizione ad amianto è arrivata solo nel 1989 e solo successivamente a tale riconoscimento, nel nostro Paese, si arrivò all’emanazione della legge 257/1992 per eliminare l’amianto dai cicli produttivi e dal commercio.

Le patologie correlate all’esposizione ad amianto sono molte e varie: principalmente si registrano pleuropatie (placche parietali, ispessimenti diffusi, versamenti recidivanti) e pneumopatie (alveoliti, fibrosi interstiziale diffusa-asbestosi). L’entità di questi effetti è legata alla dose cui si è esposti e, con l’eliminazione dell’esposizione professionale, hanno avuto un forte decremento a partire dal 1992. Neoplasie (carcinoma polmonare, mesotelioma pleurico, carcinoma laringeo, tumori in altre sedi), tra queste il mesotelioma pleurico è il tumore “caratteristico” dell’esposizione ad amianto avendo una incidenza nella popolazione non esposta ad amianto praticamente irrilevante mentre, per chi è stato esposto ha un incidenza molto alta, per questo è stato organizzato, presso L’INAIL-settore Ricerca il registro dei mesoteliomi, per avere una mappatura, nel nostro paese, dei casi di mesotelioma pleurico che vengono registrati e poter così documentare gli effetti dovuti all’esposizione ad amianto nel secolo scorso.

La legge 257/1992 mette al bando i materiali contenenti amianto, secondo un programma di dismissione, mette in evidenza alcuni problemi considerati particolarmente rilevanti ai fini dell’ambiente e della salute pubblica, discute in merito allo smaltimento dei rifiuti, la sicurezza dei materiali sostitutivi, e il controllo delle attività di bonifica dell’amianto negli edifici e negli impianti. Per quanto riguarda le attività lavorative che ancora oggi possono portare in contatto con amianto, come manutenzione di manufatti in amianto ancora in buono stato, rimozione dell’amianto e dei materiali contenenti amianto, smaltimento come rifiuti e della bonifica di aree inquinate da amianto, si fa riferimento al capo III, titolo IX D.Lgs 81/08.

Quando devono essere valutati gli aspetti qualitativi e/o morfologici (presenza/assenza di amianto nel materiale, tipo di fibre) si ricorre alle tecniche di microscopia. Le tecniche di utilizzo più comune sono: stereomicroscopia, microscopia ottica a contrasto di fase (MOCF), microscopia elettronica a scansione (SEM), microscopia elettronica a trasmissione (TEM). L’Organizzazione Mondiale della Sanità ritiene che nell’ambiente di vita non debba essere presente un valore di fibre di amianto superiore a 1ff/l (1 fibra per litro di aria). Nel D.M. del 06/09/1994 l’Italia ha fissato a 2ff/l il limite indicativo di inquinamento da amianto in ambiente di vita.
Per quanto riguarda gli ambienti di lavoro (in cui possono essere presenti solo rischi residui come già indicato, non produzione o manipolazione volontaria di amianto) l’INAIL considera un lavoratore esposto al rischio per esposizione superiori o uguali a 0,1ff/ml (pari a 100 ff/l) (D.Lgs 277/91- valore limite che richiede interventi di prevenzione e bonifica).